Siamo nel 1902. James L. Krafft è un quasi trentenne di origini canadesi, secondo di 11 figli. Krafft era un nome di origine tedesca difficilmente pronunciabile. Per questo il cognome perse una f nel corso della storia.
Krafft si trasferisce a Buffalo, New York, dove, secondo l’American National Biography, frequentò un college di economia mentre lavorava come bidello e vendeva uova, formaggio e ghiaccio. Qualche tempo dopo assunse la posizione di segretario e tesoriere della Shefford Cheese Company. Diventa socio della stessa società l’anno successivo, ma i suoi soci improvvisamente sciolgono l’accordo mentre era in viaggio d’affari a Chicago, per ispezionare la filiale locale dell’azienda.
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Bloccato a Chicago Kraft non si perse d’animo. Usò i suoi restanti 65 dollari per affittare un cavallo e un carro. Grazie a questo piccolo capitale riuscì ad avviare un’attività imprenditoriale. Kraft vendeva formaggio all’ingrosso porta a porta. Era un venditore ambulante: acquistava il formaggio all’ingrosso e lo vendeva ai droghieri locali. Il suo primo anno di attività fu un mezzo fallimento, perse molti dollari e pure il cavallo. Ma James non era certo un uomo che si arrendeva alle prime difficoltà, come emerge chiaramente dalla lettera datata 2 agosto 1904 che lo stesso scrive a un certo Wilfred per convincerlo ad entrare nel business:
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«La situazione è questa, Wilfred: non sono in grado di pagare un uomo con un salario. Ma se vuoi entrare in qualcosa con cui puoi crescere, ho quel qualcosa per te. Certo, non ho un’attività relativamente grande ora, ma so cosa posso fare e in meno di 5 anni sono onesto nel dire che mi aspetto di avere una delle migliori attività di formaggio all’ingrosso in questa città». Parole profetiche perché è ciò che avverrà esattamente 5 anni dopo, dopo che Kraft decise di «fare di Dio un partner», come ricorderà in seguito. Nel 1909, Kraft, Dio e i quattro fratelli di James fondarono la JL Kraft and Bros Company, specializzandosi nella produzione, innovativa per quei tempi, della produzione di formaggio fuso.
Come molte altre grandi scoperte, anche il formaggio è stato scoperto per caso. La leggenda vuole che un arabo abbia avuto il suo momento eureka mentre viaggiava attraverso il deserto. Con sé aveva del latte immagazzinato nel rivestimento dello stomaco di una pecora. Durante il viaggio il sole intenso attivò gli enzimi nel rivestimento trasformando il latte in siero da liquido a cagliata solida. E così nacque il primo formaggio della storia. Secondo una ricerca pubblicata su Current Biology, circa 5.500 anni fa, un moscerino della frutta sarebbe caduto dentro a un secchio di latte, avviando la prima cagliata della storia. Sempre da un fortuito incidente è nato il formaggio cheddar. Una lattaia di un paesino inglese lasciò in una grotta un secchio di latte e poi se ne scordò. Quando l’indomani lo andò a recuperare trovò che il latte era indurito, dando così vita al primo cheddar della storia.
Un claim vincente
Con un salto temporale arriviamo al 1914, anno in cui i fratelli Kraft iniziano a produrre formaggio in lattina. Durante la prima guerra mondiale, il governo degli Stati Uniti distribuiva formaggio in lattine alle forze armate. Kraft si chiese se poteva migliorare questo servizio reso alla nazione.
Nel 1915, sviluppa un processo, poi brevettato nel 1916, per pastorizzare il formaggio in modo che resistesse al deterioramento, che non necessitasse di refrigerazione, e potesse essere spedito su lunghe distanze. Bisognava trovare un cacio che non si deteriorasse, che potesse viaggiare a lungo senza traumi ma che andasse incontro ai gusti dei consumatori americani. Andando per tentativi ed errori scoprì che il formaggio, come il latte, poteva essere pastorizzato e rimanere commestibile se mescolato a grande velocità o omogeneizzato. Il risultato fu un prodotto igienicamente sicuro che non si deteriorava se accuratamente imballato in scatole da conserva che si aprivano con una chiave. Il formaggio si caratterizzava per un gusto spiccatamente dolce, diverso da quelli dal sentore forte allora presenti sul mercato.
Durante la prima guerra mondiale, sei milioni di libbre di prodotto furono vendute all’esercito americano per le razioni militari. Forte di questi risultati, nel 1916, la società fece la sua prima acquisizione: una società di formaggio canadese. Negli stessi anni la JL Kraft and Bros lanciò una campagna pubblicitaria a livello nazionale che permise al marchio di farsi conoscere al di fuori degli ambienti militari con lo slogan: Apri la lattina, taglia una fetta e il gioco è fatto.
Nel 1924, la società cambia il proprio nome in Kraft Cheese Company e si quota alla Borsa di Chicago. La sua rete di affari si estese al punto tale da arrivare fino in Asia e in Oceania. Il successo dell’azienda è racchiuso in una sola parola: innovazione.
Kraft Cheese Company era votata ad innovare il settore del formaggio. Per il fondatore l’innovazione nasceva da un’unica domanda: come rendere le cose ancora più facili per il consumatore. Nell’infinita ricerca per rendere le cose ancora più facili, Kraft & Bros decisero di eliminare del tutto l’intera parte del processo di taglio del formaggio. I fratelli si chiesero se ci fosse un modo per confezionare il loro formaggio lavorato a fette pretagliate. Ma al tempo «tagliare il formaggio caldo era come cercare di affettare la lava fusa» ricorda il fondatore.
Anche quando il formaggio veniva affettato in negozio c’erano variazioni di spessore delle fette, bordi scheggiati, confezioni imperfette, secchezza, estremità arricciate.
Il fratello di James, Norman, era a capo della ricerca. Per lui quella domanda – come rendere le cose ancora più facili per il consumatore – divenne una ossessione. Numerosi furono i tentativi falliti per trovare un metodo soddisfacente per affettare il formaggio. È solo nel 1935 che Norman Kraft arrivò a un’epifania. Una parte importante del problema era la viscosità del formaggio fuso. Norman pensò che il formaggio sarebbe stato affettato molto più facilmente dopo un processo di raffreddamento. Quindi, invece di tagliare il formaggio nella lattina (come avveniva all’epoca), Norman versò il formaggio su una superficie ampia e fredda di acciaio inossidabile. Appiattì il formaggio con un grande mattarello freddo. Infine, tagliò il formaggio in fette quadrate da 3 pollici. Problema risolto. O forse no.
Sebbene l’idea era valida, questo processo non permetteva di mantenere la freschezza del formaggio a lungo. Ogni fetta di formaggio tendeva ad attaccarsi con le altre, indurirsi e ammuffirsi.
La concorrenza? Fa bene agli affari
Si sa, le innovazioni generano concorrenti e nuove idee. Non passò molto tempo infatti prima che un ingegnere dell’Indiana, Arnold Nawrocki, responsabile qualità della Swift and Company, ottenne un brevetto per «un apparato per la produzione di lastre di prodotti caseari incartate singolarmente».
La tagliatura a freddo di Kraft richiedeva l’uso di conservanti ed enzimi. Nawrocki ideò un processo a caldo che evitava l’uso di questi due elementi e permetteva di tagliare e avvolgere sottili fette di formaggio tra due fogli di cellophane ricoperto di cera. Ogni fetta veniva avvolta singolarmente e posta in pila con le altre. Questo processo permetteva di allungare la durata di conservazione del prodotto da circa una settimana a più di sei mesi, consentendo alle famiglie e ai negozi di conservarlo e ai militari di spedirlo ai soldati di tutto il mondo. Ma il meccanismo peccava di imperfezione. E la società non reputò l’idea meritevole di investimenti ulteriori.
Nawrocki per questo lascerà l’azienda. Sarà assunto come direttore tecnico alla Clearfield Cheese Company, portando in dote il suo brevetto. Ed è qui che Nawrocki e i suoi colleghi cercano di migliorare l’idea iniziale ma il macchinario non funzionava ancora. Finché di tentativo in tentativo e di errore in errore e grazie al supporto di piccoli agricoltori e meccanici locali la soluzione arrivò. Nawrocki inizialmente usava una pellicola rivestita di cera per avvolgere ogni fetta, ma piccoli pezzi di cera rimanevano attaccati sul formaggio. Nawrocki sostituì la cera con il cellophane, che era più economico, ma il calore del formaggio stropicciava la pellicola. Finché un giorno venne a conoscenza di un nuovo tipo di pellicola – un cellophane rivestito in polimero- della DuPont. Problema risolto.
Rimaneva da semplificare l’apertura della pellicola. Risolto questo problema, il prodotto fu pronto per il lancio sul mercato. È solo nel 1956 che la Clearfield Cheese Company inizierà a vendere le fette di formaggio confezionate singolarmente. Ma i venditori incontrarono difficoltà nel commercializzare il prodotto. Come riporta il Philadelphia Inquirer le fette «erano belle e costose». Il progetto, sebbene avesse uno suo potenziale, fallì.
Questione di confezione
Il successo avvenne nel momento in cui scrissero sulla confezione la frase «Each Slice Wrapped», quando cioè dichiararono che la confezione conteneva formaggio singolarmente avvolto in un foglio protettivo.
Arnold N. Nawrocki rivoluzionò il packaging e il marketing del formaggio a fette. Negli anni ‘70 la Clearfield Cheese Company divenne il secondo più grande trasformatore di formaggio al mondo, secondo solo a Kraft Foods.
Vincent L. Zehren, coautore del libro Process Cheese, scrive «Nawrocki non è stato necessariamente il primo ad avvolgere le fette di formaggio singolarmente, ma il macchinario è stato il prima pratico e di successo». Grazie al macchinario pensato da Nawrocki le singole fette di formaggio potevano essere avvolte nella loro confezione di plastica per garantirne la freschezza nel tempo.
La risposta di Kraft non si fece attendere ma gli sarebbero occorsi anni per padroneggiare veramente l’implementazione di questo processo. Ma questa parte della storia la racconteremo nella prossima puntata.