Grazie al Freedom of Information (FOI) Act la rivista New Scientist è riuscita a ottenere le richieste rivolte a ChatGPT da parte di Peter Kyle, segretario alla tecnologia del governo britannico, guidato dal laburista Kier Starmer. Come si legge in questo articolo al chatbot sono stati chiesti vari suggerimenti, ad esempio, sulle possibili ragioni in base alle quali l’adozione dell’AI sarebbe così lenta tra le PMI britanniche. Kyle ha anche voluto farsi indicare in quali podcast avrebbe fatto meglio a partecipare come ospite per raccontare quel che l’esecutivo sta facendo.
Cosa sta succedendo a Downing Street con l’AI
Il governo di Sua Maestà sembra essere tra i più proattivi per quanto riguarda un’approccio positivo all’Intelligenza artificiale. «Nessuna persona – ha detto il primo ministro Starmer – dovrebbe dedicare il proprio tempo a un compito che il digitale o l’Intelligenza artificiale possono svolgere meglio, più rapidamente e con la stessa qualità e gli stessi standard». Si spiega dunque anche così il motivo per cui il segretario Kyle ha iniziato a utilizzarla per ragioni di lavoro.
Stando a Downing Street, l’AI può innovare soprattutto nel settore della PA e dei servizi governativi. «Se portiamo avanti la digitalizzazione dei servizi governativi ci sono fino a 45 miliardi di sterline di risparmi e benefici per la produttività», sempre le parole di Starmer. Come però già successo in questi anni vanno evidenziate potenziali criticità: diversi governi ed enti hanno richiesto ai propri dipendenti di non utilizzare servizi di AI per il timore che dati sensibili (come file allegati, informazioni riservate, etc.) vengano dati in pasto all’Intelligenza artificiale di turno. Così facendo contenuti così delicati verrebbero ceduti a società terze.
Nonostante una certa cautela rispetto all’AI, Bruxelles ha voluto di recente annunciare un piano da 200 miliardi di euro per essere competitiva sulla materia. In un’intervista che abbiamo ripreso sul magazine ad Alec Ross, l’ex advisor dell’amministrazione Obama ha però detto: «Sono parole vuote anche gli annunci sui 200 miliardi di euro di investimenti in intelligenza artificiale fatti da Ursula von der Leyen».