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Sono diversi gli ambiti in cui l’Italia paga il divario con l’Europa e il resto del mondo. Uno di questi è quello del Venture Capital. Ma come cambiare rotta? Come imprimere un cambiamento? Come aumentare per esempio la platea di investitori e creare un ecosistema più dinamico?
Sono tante le possibili soluzioni da attuare. Tra le prime quelle di lavorare sull’informazione, sul networking, sulla valorizzazione del potenziale dei territori. E fare in modo che tutto questo abbia un reale impatto sul mercato nei vari settori, dallo Smart City alle Life Sciences per arrivare all’AI.
Venture Capital, il valore dei territori
Partiamo da loro. Basti pensare a quello che ha da offrire l’Emilia-Romagna, zona geografica che da sempre in Italia si è distinta per la capacità di iniziativa delle sue imprese e per il vivace ecosistema di startup digitali e imprenditori talentuosi. Si tratta di realtà che hanno ottenuto ottimi risultati e exit di successo. Si pensi a Yoox, fondata nel 2000 da Federico Marchetti, originario di Ravenna. O a Musicmatch, nata su iniziativa di Max Ciociola nel 2010. O ancora PizzaBo, la creatura di Christian Sarcuni, originario di Bologna, che nel 2015 è stata acquisita per 51,3 milioni di euro dall’investitore berlinese Rocket Internet. Oppure Balsamiq, azienda di software che Giacomo Guilizzoni, originario di Bologna, ha fondato nel 2008 per poi farla volare nella Silicon Valley.
Conoscere queste capacità dei territori è un ottimo punto di partenza, ma non è sufficiente a promuovere una cultura imprenditoriale vivace.
Ci vogliono anche l’educazione del mercato, che permette alle aziende di essere più consapevoli e pronte a cogliere opportunità di investimento; la costruzione di un collegamento tra startup e gli investitori perché le aziende locali possano comprendere come posizionarsi meglio per attrarre investimenti; un lavoro costante sul networking e le collaborazioni, per favorire sinergie attivando un circolo virtuoso che incoraggi ulteriormente la crescita dell’ecosistema.
È proprio nell’ottica di stimolare l’innovazione e potenziare l’ecosistema locale che Credem da oltre 5 anni lavora nell’open innovation e da 3 si impegna nel venture capital. Sono tante le iniziative portate avanti, tra cui l’ultima è la partnership con Italian Tech Alliance, l’associazione italiana del venture capital, degli investitori in innovazione (business angel, family office e corporate) e delle startup e PMI innovative italiane. Questa nasce come approdo a quello che è il naturale approccio al business del Gruppo.
Credem per il CVC
Officine Credem, casa dell’innovazione del Gruppo Credem e luogo fisico dedicato a supportare progetti innovativi con startup, studenti, aziende e territorio, è l’abilitatore del modello, il luogo in cui l’open innovation trova casa. A ottobre 2024 ha ospitato l’evento a Reggio Emilia (non una regione a caso, considerato il tessuto imprenditoriale) per presentare l’Osservatorio, il report sul Venture Capital in Italia. È stata l’occasione per comunicare i dati del VC per la prima volta con una vista dedicata al territorio dell’Emilia Romagna.
Questa nuova sede, che ha aperto le sue porte quasi un anno fa, si pone diversi obiettivi. Il principale è quello di offrire risorse, mentorship e opportunità di networking e creare un ecosistema aperto e virtuoso che generi valore per la banca, i clienti e la collettività. La volontà è quindi di avere un impatto significativo sul mercato.
Piergiorgio Grossi, Chief Innovation and Data Officer Credem, commenta così «L’ecosistema cresce solo se startup, investitori e aziende alimentano il VC in Italia». L’apertura verso l’open innovation è per Credem un’opportunità di crescita che «non solo arricchirà il nostro ecosistema, ma offrirà anche un sostegno alle startup e ai progetti innovativi». Questo accade perché Credem in proposito ha le idee ben chiare: «Crediamo che la collaborazione sia la chiave per creare un ambiente fertile per l’innovazione, sostenendo così la crescita del nostro sistema e promuovendo nuove opportunità per tutti».
Aver ospitato l’evento di presentazione dell’Osservatorio è solo una delle iniziative per concretizzare questo impegno a creare occasioni di confronto e networking tra gli attori dell’ecosistema dell’innovazione, non solo del territorio ma a livello nazionale e internazionale.
CVC e Credem, un bilancio dopo 3 anni
Dopo 3 anni di attività si può cominciare a fare un bilancio. Le startup in portafoglio per Credem sono 38 e gli investimenti effettuati ammontano a 45. Nel 2024 sono stati portati avanti 30 progetti innovativi con altrettante startup.
Questa però è stata solo una selezione a partire da un vaglio più ampio e strutturato. A entrare in contatto con l’ecosistema Credem sono state 764 startup. Per circa 450 è stata approfondita la conoscenza e con 60 startup è stato organizzato un incontro verticale con gli stakeholder di business.
Nonostante non fosse previsto, uno di questi incontri ha originato un vero e proprio special case: un ramo d’azienda di una delle startup è stato acquisito per sviluppare il nuovo business di Credem, ovvero “buy now, pay later”. Un buon esempio di come la sinergia tra startup e corporate possa fare nascere nuove opportunità e permetta di implementare in tempi brevi soluzioni di business a alto valore.
Cosa racconta l’Osservatorio Trimestrale sul Venture Capital in Italia
Per capire meglio il punto di partenza, è necessario però allargare lo sguardo sul VC in Italia.
Gli argomenti sul tavolo sono stati molti, ma soprattutto dall’Osservatorio è emersa la fotografia dell’andamento del mercato del venture capital. Su base trimestrale sono stati analizzati gli investimenti e i trend, ed è stato elaborato un raffronto con il sistema dei principali Paesi Europei.
A dare un quadro sulla tipologia di investimenti, arrivano poi i settori di maggiore interesse. Smart City (207 milioni) è il primo per ammontare investito. Subito dopo ci sono le Life Sciences (69 milioni) e il Deep Tech (66 milioni). Per quanto riguarda il numero di round, Smart City conta 13 round, Software 12 e Fintech 8.
In testa alla classifica dei top 5 deal del trimestre si trovano NewCleo (135 milioni, Serie A), seguita al secondo posto da D-Orbit (Serie C, 50 milioni) e al terzo da Genespire (Serie B, 46,6 milioni). A seguire Limolane e Bizaway, che hanno raccolto entrambe 35 milioni in un round Serie B.
Un discorso a parte poi lo merita l’AI. Nel primo semestre del 2024 le startup legate all’intelligenza artificiale hanno raccolto 57 milioni di euro, pari all’8% dell’importo totale investito. È un dato inferiore rispetto a quello dell’UE (22%) e degli Stati Uniti (41%%), ma si prevede un aumento significativo.
In questo contesto, l’impegno di Credem non si ferma, ma anzi si rinnova grazie ai risultati ottenuti e alla volontà di migliorare ulteriormente. Nel corso del 2024, il CdA del Gruppo Credem, ha rinnovato l’impegno per un ulteriore triennio a investire in startup e a sostenere così l’open innovation del Gruppo.