Secondo il principio dell’incertezza, si può essere sicuri che qualcosa è andata male solo dopo una lunga serie di errori o, nel mio caso, di fallimenti. Il mio annus horribilis è stato il 2015, anno in cui in poco tempo ho perso tutto. La mia startup sarà liquidita, il mio contratto da docente universitaria non rinnovato.
Il primo corollario alla legge di Chilshom afferma che quando non può andare peggio di così, lo farà. Nello stesso momento in cui la mia sfera professionale stava subendo duri colpi, dopo 7 anni termina la mia storia sentimentale in modo inaspettato. E a un tratto non avevo più neanche una casa.

La seconda legge di Sodd avrebbe, a questo punto, dovuto mettermi in allarme: Prima o poi, la peggiore combinazione possibile di circostanza è destinata prodursi. Nel frattempo le condizioni di mio padre, malato di Alzheimer, improvvisamente peggiorano, e comincia un calvario fatto di pressione fisica, psicologica ed economica che lentamente mina le basi che credevo solide della mia famiglia.
È in questo momento che la mia mente inizia a rimurginare senza sosta alcuna, alla ricerca dei perché e del per colpa di chi non ho più nulla. E inizio a dire a me stessa che ero semplicemente una fallita.

Un giorno del 2016 mi imbatto in una intervista a Christine Gallagher, l’autrice di The Divorce Party Planner: How to Throw a Divorce Or Breakup Party e le sue parole mi rimangono in testa per giorni: «Abbiamo bisogno di cerimonie per marcare i grandi eventi. La festa di divorzio è un modo per ripresentarsi alla società, per fare i conti con la nuova identità».
E in quel momento ho pensato che anche io avrei dovuto esorcizzare le mie paure e la mia sensazione di essere inadeguata e incapace, organizzando una festa per onorare i miei fallimenti e il mio nuovo inizio anche se i contorni del mio futuro erano ancora sfumati. Festeggiare mi ha aiutato ad attuare inconsciamente una sorta di separazione psicologica dal mio fallimento e dalle sue cause, permettendomi di accettare tutto quello che mi aveva ferito e di iniziare a costruire un nuovo progetto di vita, personale e professionale.
La quasi totalità delle persone e delle aziende sono affette dal bias del pavone: condividono maggiormente i loro successi rispetto ai fallimenti. E, in quasi tutti i contesti organizzativi, l’errore e il fallimento sono quasi sempre vissuti come un anatema. In molte organizzazioni, il fallimento è un segno di debolezza e vulnerabilità che potrebbe dare un vantaggio a un concorrente o a un avversario. Cambiare cultura aziendale passando dall’organizzazione «evitare gli errori» alla organizzazione «dell’apprendimento», in cui le persone imparano dagli errori e non li nascondono, richiede tempo perché i cambiamenti sono prima di tutto di mindset e psicologici. Se non possiamo cambiare radicalmente la natura umana per renderla meno vulnerabile agli sbagli, è invece possibile cambiare le circostanze e migliorare l’ambiente nel quale si opera. Diversi sono gli strumenti che si possono adottare per introdurre il tema dell’errore in azienda.
Failure Party
Negli anni ’90, W. Leigh Thompson, all’epoca responsabile scientifico dell’azienda farmaceutica Eli Lilly, introdusse le feste di fallimento «per commemorare un eccellente lavoro scientifico, svolto in modo efficiente, che tuttavia si è concluso con un fallimento».
Nel settore farmaceutico il tasso di fallimento è molto elevato. La quasi totalità dei farmaci sperimentali non soddisfa il bisogno per cui il farmaco era stato pensato. Dei 15.000 composti chimici su cui si lavora ogni anno, solo 1 arriverà effettivamente sul mercato. O vi arriverà per soddisfare un bisogno diverso rispetto a quello immaginato. Pensiamo al Viagra originariamente sviluppato per curare l’angina pectoris. O a Evista, un farmaco contro l’osteoporosi che è stato un fiasco come contraccettivo.

Per questa ragione, se un nuovo farmaco non funziona per l’uso previsto, agli scienziati della casa farmaceutica viene insegnato a cercare nuovi usi e apprendere dai fallimenti altrui per fare nuove scoperte. L’antidepressivo Cymbalta, ad esempio, ha fallito nelle sue sperimentazioni originali finché uno scienziato della Lilly non ne ha aumentato il dosaggio.
Secondo Thompson onorare i rischi ponderati è indispensabile per far progredire la scienza. Blair Sheppard, professore di management alla Duke University che ha svolto attività di consulenza per Lilly e altre aziende farmaceutiche, afferma che Lilly ha sviluppato «un processo formalizzato e ponderato in cui ha esaminato i fallimenti in modo più onesto e più approfondito degli altri e ha avviato il processo prima di chiunque altro». Questo processo aiuta gli scienziati a riconoscere i fallimenti in maniera tempestiva, contenendo al minimo la dimensione del fallimento, e evita che altri commettano gli stessi errori.
Assumere e non licenziare chi sbaglia
Su un muro dello stabilimento dell’azienda chimica Huntsman, nel nord-est dell’Inghilterra, era situato un grande pulsante rosso che, se premuto, scaricava le sostanze chimiche nel fiume locale.
Alcuni montatori di ponteggi si trovavano in azienda per installare delle impalcature. Uno di questi operai, nel muoversi maneggiando un grosso palo, urta contro il pulsante che si attiva. Nessuno lo aveva visto premere il pulsante, avrebbe quindi potuto nascondere l’incidente. Ma si è assunto pienamente la responsabilità informando la sala di controllo. Grazie alla sua onestà e tempestività, il problema è stato risolto in 30 minuti, con un danno ambientale minimo e nessuna multa. L’azienda per cui lavorava l’ha ringraziato…licenziandolo.
Ma quando il presidente dell‘azienda Huntsman lo ha scoperto ha insistito perché fosse reintegrato in modo che potesse ancora lavorare con loro. E per ringraziarlo dell’onestà ha persino organizzato una festa. Se i problemi derivano da un errore, raramente è l’errore in sé a causarlo, più spesso è l’insabbiamento. Il presidente ha dichiarato «Organizzare quella festa ha mandato un messaggio che si è diffuso a macchia d’olio: alla Huntsman c’è una cultura senza colpe».
Anche la Nasa aveva, almeno fino all’avvento di Trump, un approccio all’errore positivo tanto da non licenziare scienziati che commettono errori brillanti. L’obiettivo è di non disperdere le preziose lezioni apprese, fondamentali per migliorare le future missioni. Per valorizzare i buoni errori è stato anche creato un sito e pubblicato un libro.

Il premio che celebra l’errore
La società di software di contabilità Intuit oltre ad organizzare feste di fallimento, assegna un premio speciale per le migliori cantonate. Come spiega il fondatore Scott Cook, queste pratiche sono fondamentali «perché ogni fallimento insegna qualcosa di importante che può essere il seme per la prossima grande idea». Lo stesso imprenditore non ha avuto problemi nel raccontare cosa è successo quando ha lanciato per la prima volta, in tutto il mondo, il software aziendale per la preparazione delle dichiarazioni dei redditi: Quicken. Un fallimento. Cook, ritiene che il successo possa effettivamente essere pericoloso per l’azienda. Durante un seminario con i docenti della Harvard Business School, ha affermato che «Il successo è una cosa potente, tende a rendere stupide le aziende, che diventano sempre meno innovative».
Il Gruppo Tata, un conglomerato indiano con interessi diversificati che vanno dal tè all’acciaio, ha negli ultimi anni sempre di più puntato sull’innovazione per espandersi a livello globale. In quest’ottica, il presidente Ratan Tata, mentre si avvicinava alla pensione, realizzò un’iniziativa per molti sorprendente: un premio per la migliore idea fallita. L’obiettivo era incoraggiare l’innovazione e superare la paura del rischio, sottolineando il valore dell’apprendimento dal fallimento. «Il fallimento è una miniera d’oro!», dichiarò il presidente, desideroso di lasciare un’eredità culturale innovativa.

Nel 2011 Tor Myhren, direttore creativo globale dell’iconica agenzia creativa Grey comunicò il nome della vincitrice del suo primo premio trimestrale Heroic Failure. Il premio lo avrebbe assegnato ad Amanda Zolten, vicepresidente senior di Grey New York per aver corso un rischio «grande e audace». Al fine di aggiudicarsi un nuovo cliente e dimostrare l’efficacia del prodotto, Zolten ideò una strategia rischiosa. Durante la sua presentazione, nascose una scatola di sabbia – con i bisogni della sua gatta Lucy Bell- sotto il tavolo della sala conferenze. Solo alla fine della presentazione, Zolten confesserà. «Abbiamo ottenuto ciò che speravamo», dichiarerà poi «ovvero creare un’esperienza memorabile». Che lo sia stata, per alcuni o tutti i presenti, non vi è alcun dubbio. Il premio le è stato conferito prima di sapere se l’agenzia avesse o meno ottenuto l’incarico. Indipendentemente da come andrà a finire, disse Myhren «siamo orgogliosi che qualcuno si sia assunto dei rischi». Il premio è infatti un incentivo per spingere le persone ad avanzare idee «più audaci o rischiose, o nuove e totalmente non provate».
Premiare l’audacia col denaro
Astro Teller è amministratore delegato di Google X Lab. Per incentivare l’innovazione ha introdotto un bonus fallimento per i dipendenti che ammettono che un progetto non funziona. E lo fanno per tempo. Devi premiare le persone per aver fallito, dice. In caso contrario, non si assumeranno rischi e non faranno scoperte, si aggrapperanno a un’idea condannata per paura delle conseguenze. Questo fa perdere tempo e mina lo spirito di un’organizzazione.
X ha ucciso in un anno più di 100 idee che aveva indagato. Tra queste idee, un progetto a cui un team di 30 persone lavorava da 2 anni. Il bonus, specifica Teller, non deve essere così grande da incoraggiare le persone a uccidere i progetti senza una buona ragione, ma nemmeno piccolo. Forse più del premio in denaro, pensa Teller, il vero incentivo è l’applauso sincero di colleghi e superiori durante le riunioni di team, un riconoscimento che vale quanto un plauso per un lavoro ben fatto.
Anche SurePayroll, una società di servizi di elaborazione paghe a Glenview, Illinois, ha istituito il premio Miglior Nuovo Errore. Secondo Michael Alter solo le persone che cercano di fare un buon lavoro, commettono errori e imparano da esso sono idonee al premio annuale in denaro di 400 dollari.
C’è chi decide di celebrare i progetti che non hanno funzionato alzando un calice di champagne o una bottiglia di birra, proprio come farebbero se fosse stato un successo. E chi, come il titolare di una piccola azienda in provincia di Modena, porta una pizza ai suoi dipendenti ogni volta che sbaglia. Un gesto originale per promuovere la trasparenza e per incoraggiare tutti a condividere gli errori.
Organizzare, a cadenza regolare, incontri tra team di lavoro per condividere errori e bad practice, anche senza medaglie e incentivi culinari, aiuta a promuovere un clima di apprendimento continuo e di miglioramento. Questi momenti di condivisione non sono una inutile perdita di tempo, ma un investimento prezioso con un ritorno economico spesso sottovalutato. Non sono uno sfizio o un lusso, ma una buona pratica da istituzionalizzare. Non è solo divertimento, ma rituali che rafforzano la fiducia e uniscono. Non sono un incentivo all’approssimazione, ma un invito all’eccellenza.