Scherzare sulla disabilità si può? Sì, se fatto nel modo giusto. È proprio questa la mission dei Terconauti, tre “sognatori”, come gli piace definirsi con grandi passioni e ambizioni: il teatro, la TV, la scrittura e l’ironia. Il trio, composto da Damiano e Margherita Tercon e Philipp Carboni, si cimenta in video web, tv, teatro, fumetti e libri. E ha già ottenuto successo. Oltre alla partecipazione a “Italia’s Got Talent” e “Tú sí que vales“, sui social il gruppo conta più di 1 milione di followers tra TikTok, Facebook e Instagram. Ma perché Damiano, Margherita e Phillipp hanno scelto di portare la disabilità sui palcoscenici? La risposta è in realtà semplice: uno dei componenti del gruppo è autistico, ma quello che per molti potrebbe essere visto come un limite, per loro è una sfida che apre a infinite possibilità. E con decisione e molta passione, girano per l’Italia lanciando, in chiave ironica, messaggi di sensibilizzazione e di informazione su temi della disabilità senza veli di ipocrisia né pietismo. Non c’è solo il teatro, ma anche l’editoria. I Terconauti sono gli autori del libro “Mia sorella mi rompe le balle – una storia di autismo normale” (Mondadori, 2020). Abbiamo intercettato Margherita che ci ha raccontato quali altri progetti “spiritosi” hanno in mente nel prossimo futuro.
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Margherita, quando è iniziato il vostro progetto?
Nel 2016, mio fratello maggiore, Damiano, che è autistico con deficit intellettivo, mi aveva chiesto di aiutarlo nonostante tutti gli dicessero che le sue possibilità sarebbero state limitate. Lui aveva 35 anni e per tutta la vita si è visto chiudere le porte in faccia, a partire dalla scuola, dove alcuni insegnanti gli dicevano che neanche valeva la pena che finisse il liceo perché subiva continui atti di bullismo. Io allora gli chiesi: «Ma tu che cosa vorresti fare?». E lui mi rispose: «Il cantante!», ma io non sapevo come muovermi in questo campo e allora ho pensato: iniziamo con un’intervista. Così lui mi ha raccontato il suo punto di vista, il suo modo di vedere il mondo. Era il 2017.
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Poi che cosa è successo?
Abbiamo deciso di diffondere questa videointervista sui social e da subito c’è stato un ottimo riscontro da parte degli utenti. Tante persone si sono interessate alla sua/nostra storia ed erano incuriosite dal fatto che lui, in prima persona, parlasse di autismo. Poco meno di 10 anni fa non c’era la sensibilità di adesso verso questi temi ed era molto difficile che una persona autistica riuscisse a emergere, ma ci hanno contattato in tanti e noi abbiamo continuato a fare video dove spiegavamo non solo che cosa comportasse essere autistici ma anche cosa poter fare per aiutare chi ha questa disabilità a superare i propri limiti. Così questa cosa che era nata per aiutare Damiano è stata utile anche ad altre persone.
In particolare, secondo te che cosa ha attirato gli utenti?
In maniera molto semplice noi abbiamo raccontato la nostra esperienza e negli anni siamo diventati un punto di riferimento, non come specialisti perché non siamo psicologi né dottori ma per come abbiamo iniziato a raccontare l’autismo. Damiano, comunque, insisteva che voleva fare il cantante. Io, diplomata in scrittura teatrale, mi sono detta: «Perché non provare a fare qualcosa insieme?». Questo nostro desiderio ha tirato fuori la passione per il teatro e la scrittura, discipline che ho sempre amato. Nel 2017 abbiamo iniziato a strutturarci meglio finché ci siamo iscritti ai provini per “Italia’s Got Talent”. E da lì è iniziato tutto. La prima volta non ci avevano preso, poi nel 2018 abbiamo cambiato passo e ci siamo concentrati sul racconto del nostro punto di vista del mondo, soprattutto quello di Damiano, con l’idea che cambiare la visione comune che si ha sulla disabilità fosse possibile. Così è nata una canzone ironica che Damiano ha presentato e, come si suol dire in gergo volgare: «Damiano mi ha asfaltata» (ndr risata).
Di che cosa parla questa canzone?
In realtà mio fratello mi prende in giro, dice che lui, nonostante il suo autismo, lavora mentre io studio ancora e rimanda ad altri esempi che lanciano un messaggio forte e non comune. I primi anni non sono, comunque, stati facili, in tanti storcevano il naso e ci dicevano che non potevamo scherzare sull’autismo, ma noi rispondevamo che la disabilità fa parte della normalità della vita di certe persone e che ci si può anche divertire. Abbiamo sempre guardato con ottimismo e ironia a questa condizione in cui la persona ha capacità che esprime magari in maniera più complessa ma che sono opportunità, non limiti.
E poi siete arrivati in teatro…
Proprio così, ci siamo divertiti – e continuiamo a divertirci – un sacco, sempre col sorriso, che è forse la cosa più coinvolgente che sfoggiamo. Quando, poi, ho saputo che saremmo andati in TV a “Italia’s Got Talent” ho conosciuto Phillip in una circostanza che se ci ripenso adesso mi fa un po’ ridere. Io, dopo aver viaggiato tra Parigi e Dublino sono tornata a Milano, facevo formazione su come installare gli scaldabagni mentre Phillip era un chimico organico. Lui era rimasto molto sorpreso dal nostro progetto e ha deciso di lasciare il suo impiego, trasferirsi nel mio paese natale, Rimini, con me e Damiano, e, far diventare Terconauti un vero e proprio lavoro. Ma, prima di tutto, abbiamo fatto il possibile per rendere Damiano indipendente. Ora viviamo tutti e tre a Rimini, io e Phillip in un bilocale mentre Damiano a fianco in un monolocale per conto suo.
E adesso che progetti avete in mente nel futuro?
Anzitutto, tra gennaio e febbraio lavoreremo a un nuovo spettacolo, intanto continuiamo a pubblicare contenuti sui social e tra un po’ uscirà un secondo libro, tra marzo e aprile 2025. Damiano persevera nel suo progetto di fare il cantante, ci ha sempre creduto tantissimo, e ora siamo in contatto anche con dei produttori musicali. Lanceremo un nuovo progetto di cui per ora non posso parlare ma ci piacerebbe molto anche andare nelle aziende a raccontare la disabilità sul posto di lavoro perché tutt’oggi ci sono molti pregiudizi.
Secondo te che cosa manca ancora nella nostra società?
Noi comunichiamo con un linguaggio che cerchiamo di rendere semplice anche per i più piccoli, che hanno bisogno di capire sin da subito che nessuno è “diverso”, e credo che la nostra chiave vincente risieda proprio nel fatto che riusciamo ad arrivare, bene o male, a tutti. Quando un ragazzo/a ci riconosce e viene a salutarci e i genitori gli chiedono: “Ma chi sono?”, noi ci facciamo una risatina. Poi penso a quello che ha subito Damiano durante la scuola e penso che tutti dovremmo stabilire un contatto con qualcuno che ha una qualche disabilità. Perchè è grazie alla conoscenza che si abbattono i pregiudizi e si costruisce una società migliore.