La legge che in Australia blocca l’accesso ai social ai minori di 16 anni sta facendo discutere anche in Italia. Opposte visioni sul tema si confrontano (e si scontrano) rispetto a un argomento centrale nella crescita e nell’educazione di bambini e adolescenti. Fermo restando che quella australiana è la prima norma che al mondo adotta una linea così netta – i cui benefici sono ancora tutti da verificare – in Italia il dibattito è arrivato anche in Parlamento, dove una proposta di legge depositata nel maggio scorso punta a vietare l’accesso ai social ai minori di 15 anni. In queste ore è evidentemente tornata di attualità con i primi firmatari che chiedono di accelerare il processo per l’approvazione.
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Cosa prevede la proposta di legge italiana su social e minori
«L’Australia ha vietato i social media agli under 16 con una legge votata da tutto il parlamento. Possiamo farlo anche noi» ha dichiarato Simona Malpezzi, ripresa da Orizzonte Scuola. La vicepresidente della bicamerale infanzia e adolescenza è tra le firmatarie della proposta di legge insieme a Lavinia Mennuni (Fratelli d’Italia) e Marianna Madia (Partito Democratico) che punta a raggiungere un risultato simile a quello dell’Australia.
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Social vietati ai minori: chi vigila?
La proposta di legge, così come intesa dai parlamentari italiani, punta alla «tutela dei bambini e degli adolescenti nell’utilizzo degli strumenti digitali». Approvare una norma simile non è tuttavia complesso quanto lo è il farla rispettare, anzitutto perché l’educazione dei figli è in capo ai genitori. In più la politica non propone certo che siano questi ultimi a vigilare.
Dovrebbero infatti essere le piattaforme a introdurre un sistema di verifica dell’età (procedura che in altre parti del mondo, come negli USA, è stata introdotta per l’accesso ai siti pornografici). Così funzionerà anche in Australia dove la legge necessiterà di un periodo di transizione per permettere alle aziende di adottare la propria strategia e adeguarsi eventualmente alla legge. Ricordiamo infatti che in Australia in passato colossi come Facebook hanno oscurato la sezione notizie sul portale come segno di protesta contro una legge del Paese che puntava a riconoscere un compenso agli editori per articoli e contenuti pubblicati sul social.
Lo ha spiegato la parlamentare Madia: «Il punto più importante della proposta è verificare l’età di chi sta sui social e su internet. E come lo facciamo? Dando la responsabilità della mancata verifica alle piattaforme». Ha aderito alla proposta anche il leader di Azione Carlo Calenda, con una puntualizzazione: «Noi proponiamo un’agenzia terza, magari la Privacy, che provveda alla certificazione e verifica dell’utente con un semplice numero identificativo tramite processo di autenticazione».