«Cambiare i colori dell’inchiostro senza cambiare penna». Con questo slogan, BIC inaugura un decennio ricco di innovazioni. È il 1969 quando il marchio francese inventa la penna BIC 4 Color. Come recitava la prima pubblicità: «Tre franchi per quattro colori». Con un comodo click, si poteva passare dal rosso al blu, dal verde al nero. L’anno dopo la penna viene lanciata sul mercato europeo e, nel 1971, in quello americano. Il successo è immediato, in particolare tra studenti, professori, medici e infermieri. A rendere iconica questa penna è stato anche il design: semplice, compatto, robusto e con una forma divenuta iconica. Un prodotto usa e getta che ha consolidato gli affari e la reputazione dell’azienda, tanto da portarla a quotarsi in borsa nel 1972. Con 3 milioni di penne comprate al secondo, oggi BIC è il più venduto strumento di scrittura al mondo.
Accendini e rasoi monouso
Ma i lampi di genio non terminano qui. I principi che avevano decretato il successo della penna furono estesi anche allo sviluppo di altri prodotti. L’obiettivo? Offrire beni di largo consumo, facili da usare, a basso prezzo e usa e getta. Nel 1971 BIC acquisisce la Flaminaire, una fabbrica di accendini francese, con l’intenzione di rivaleggiare con i popolari ma relativamente costosi accendini Zippo. Dopo 2 anni di esperimenti, nel 1973, lancia un accendino a fiamma regolabile, con una buona presa grazie alla forma ovale, resistente, economico e assicurato, nella sua versione maxi, per 3000 accensioni. Il successo fu tale che Gillette si ritirò dal mercato degli accendini usa e getta. Oggi l’azienda vende 5 milioni di accendini tascabili al giorno. Il prodotto numero 1 al mondo tra gli accendini non ricaricabili è entrato di diritto nel Museum of Modern Art di New York in occasione della mostra Shaping Modernity 1880-1980.
Appena 2 anni dopo, BIC è il primo marchio a lanciare un rasoio mono pezzo, grazie anche alla partnership con Violex, produttore greco di lamette da barba. Lo slogan di lancio: «Non cambiate più la lama, cambiate rasoio». Primo ed unico rasoio composto da un solo pezzo con lama integrata, disponibile in 5 colori e venduto per 1,49 dollari. BIC aspetterà il 1994 per lanciare in Francia il suo primo rasoio femminile, Twin Lady. Dal 1975, l’azienda ha prodotto più di 60 miliardi di rasoi. Dopo 40 anni resta il più venduto tra i non ricaricabili in America, il secondo in Europa, il primo in Italia nel mercato dei rasoi femminili non ricaricabili (dati Nielsen 2014). Non è un caso che questa sia la categoria di prodotti che genera maggiore fatturato.
Un marchio che non sbaglia un colpo. O forse no. «Su 10 decisioni un capo ne prende sette buone, due inutili e una decisamente cattiva», scrisse un giorno il signor Bich. Tra queste decisioni cattive, senza dubbio il profumo usa e getta. Un’idea sbagliata che è costata cara a BIC.
Quell’usa e getta non piace al mercato
Il 1976 è l’anno di un’altra ambiziosa innovazione. Per sfruttare il riconoscimento del marchio e la fiducia dei consumatori nonché diversificare il mercato, l’azienda lancia il collant monouso. In un primo momento le calze erano abbinate all’acquisto di almeno una penna. La pubblicità recitava così: «La prossima volta che ordini la penna Bic riceverai in omaggio due paia di calze». Perché questa scelta? Probabilmente quei geni del marketing immaginarono che le segretarie avrebbero gradito ordinare i collant insieme ad altre forniture per ufficio. Con un solo ordine, due prodotti. Ma le segretarie non apprezzarono.
BIC ci riprova negli anni ’90, quando cercò di espandere il proprio mercato per raggiungere nuovi segmenti di consumatori rimanendo fedele a un trend ancora popolare: l’usa e getta. Così, nel 1998, la multinazionale francese selezionò alcuni Paesi- tra cui Grecia, Austria e Irlanda- per commercializzare un prodotto davvero inusuale: gli slip. L’idea era quella di fornire un indumento monouso intimo, igienico da usare in situazioni di emergenza, dopo un’attività fisica intensa o durante un viaggio. Gli slip avevano un design semplice e funzionale e un packaging discreto. Ma anche questa idea si rivelò un flop.
Matt Haig scrive nel suo libro Brand Failures: «I consumatori non erano in grado di vedere alcun collegamento tra gli altri prodotti BIC e la biancheria intima, perché ovviamente non c’era alcun collegamento. Il problema principale era che l’azienda insisteva nell’usare il nome BIC. E usare lo stesso nome in categorie non correlate può creare difficoltà. Se hai una percezione potente per una classe di prodotti, diventa quasi impossibile estendere quella percezione a una classe diversa».
Per le donne, la biancheria intima rappresenta molto più di un semplice indumento. È un investimento, durevole, nel proprio benessere, sia fisico che emotivo. L’idea di scartarla, dopo un solo utilizzo, contrasta con il valore che si attribuisce a questi capi. Senza dimenticare che la biancheria intima richiedeva una tecnologia di produzione diversa e un canale di distribuzione completamente nuovo. Gli accendini, i rasoi e le penne erano tutti realizzati in plastica e potevano quindi condividere le stesse materie prime. Nonostante l’allineamento strategico con la loro linea penne, i collant non sono riusciti a ottenere una trazione significativa. Le vendite sono state lente, ma BIC ha continuato a venderli per diversi anni, con alcune unità disponibili ancora oggi in Austria.
Errori di comunicazione
Se cercate on line BIC for her la vostra attenzione non sarà catturata dal prodotto ma dalle recensioni. Nell’aprile del 2011 BIC lancia una penna dal design «elegante e raffinato» e «dal fusto accattivante in rosa e viola», disponibile anche nella versione con decori o strass, progettata «per adattarsi comodamente alla mano di una donna». Un accessorio perfetto per le donne che, secondo gli esperti di marketing, sarebbero state più inclini ad acquistare penne più «adatte al loro stile».
Ma gli esperti hanno forse peccato di overconfidence, trascurando l’aspetto misogino del loro messaggio con il risultato di aver attirato commenti sarcastici sul web e sul sito di Amazon sia da parte delle donne ma anche degli uomini.
David B – un utente di Amazon- recensisce il nuovo prodotto ottenendo oltre 400 apprezzamenti. Ringrazia BIC per aver permesso alla moglie, che da tutta la vita lotta con le penne da uomo, di tenere finalmente il punteggio durante le partite a bridge. E di scrivere la ricetta che ha preparato per lui, preparando la cena con ben 5 minuti di ritardo perché la penna le ha dato un coraggio che ignorava di avere. Così che quando ha detto che voleva andare al supermercato da sola, le ha dovuto ricordare che guidare un’automobile è molto più complicato che scrivere.
Sparklepony recensisce con una stella la Bic for Her, lasciando un commento che gioca sugli stereotipi e pregiudizi: «Quando ho visto questa penna, ho chiesto a mio marito di comprarmela. Lui si è rifiutato, perché possedere una penna potrebbe farmi pensare e avere idee mie. Poi potrei iniziare a scrivere, il che mi toglierebbe tempo ai miei doveri di moglie. Aveva assolutamente ragione, nessuno di questi doveri richiede una penna».
Jonny invece mette 5 stelle al prodotto, accompagnando la valutazione a questo testo: «Abbiamo provato a darle penne da uomo, ma lei strappava le cartucce e beveva l’inchiostro. Tipico da donna. Comunque, è un bene che Bic stia finalmente facendo qualcosa per aiutare la loro difficile situazione. Speriamo che all’orizzonte ci sia una gamma di graffette for her: mia moglie ha un problema terribile nel tenere insieme le sue ricette».
Virale è stato il video Bic Pens for Women della conduttrice e comica statunitense Ellen DeGeneres, che ha ottenuto quasi 8 mln di visualizzazioni. Queste reazioni e i meme che ne sono seguiti hanno trasformato la campagna di lancio in un esempio di marketing virale fallimentare.
Errori da penna rossa
Il primo errore di BIC è stato quello di progettare una penna a cui dare il nome for her, sottovalutando la sensibilità del pubblico nei confronti delle questioni di genere. Maura Judkis, sul Washington Post, ha sottolineato come molti prodotti sono progettati – a torto o a ragione – per le donne. Ma molti di questi passano inosservati.
In questo caso, la scelta di segmentare un prodotto neutrale come una penna in base al genere, accompagnando il lancio con descrizioni sessiste, non ha aiutato le vendite. Oltretutto quando un prodotto neutrale viene segmentato, spesso a cambiare è il packaging ma non la sostanza. Prodotti senza alcun valore aggiunto, il cui prezzo per il consumatore aumenta in modo ingiustificato, anche oltre il 40%.
Il secondo errore è stato quello di pensare che la penna for her fosse un bisogno da soddisfare. Se è vero che un’idea innovativa, non supportata da una solida strategia di marketing, può fallire. È pur vero che anche la migliore strategia, se non tiene conto delle esigenze dei consumatori, può rivelarsi un flop. L’impressione generale era che la BIC stesse semplicemente cercando di creare una nicchia artificiale per aumentare le vendite delle penne.
Il terzo errore ha riguardato la gestione della crisi. Ai commenti di scherno on line e alle recensioni satiriche, BIC ha risposto con questo comunicato: «Apprezziamo ricevere feedback onesti da tutti i nostri consumatori, sia che si tratti di una promozione, di una campagna pubblicitaria o di un prodotto. In qualità di azienda globale di prodotti di consumo, BIC desidera ascoltare questi importanti commenti». Invece di reagire alla crisi riconoscendo l’errore o giocando il pubblico, ha preferito interrompere la conversazione e la vendita della penna.
Terreni insidiosi
Sempre per rimanere sullo stesso tema, nel 2015 BIC South Africa ha pubblicato, in occasione della festa della donna, l’immagine di una donna di colore in giacca e camicia accompagnata da queste parole: «Sembra una ragazza, comportati come una signora, pensa come un uomo, lavora come un capo. #HappyWomensDay».
Dopo la valanga di critiche, il post è stato cancellato e non sono mancate le scuse: «Iniziamo dicendo che siamo incredibilmente dispiaciuti per aver offeso tutti – non è mai stata nostra intenzione, ma capiamo perfettamente dove abbiamo sbagliato. Questo post non avrebbe mai dovuto essere pubblicato. Il feedback che ci avete dato, e che apprezziamo, ci aiuterà a garantire che qualcosa del genere non accada mai più». Dagli errori, a volte s’impara, a volte no.
Quando l’usa e getta entra in crisi
«Se il consumo di massa avesse un santo patrono, questo sarebbe Bich». Nel 1994 il quotidiano britannico Independent usa queste parole nel necrologio riservato alla morte di Bich. Un imprenditore che ha saputo trasformare in business il nuovo modo di vivere all’insegna del throwaway living.
La filosofia usa e getta è però negli ultimi anni entrata in contraddizione con le crescenti preoccupazioni ambientali e la tendenza verso prodotti più sostenibili. Sono molti i consumatori che hanno espresso preoccupazioni sull’impatto ambientale dei prodotti destinati a essere gettati via dopo un solo utilizzo. Il prezzo economico di questi prodotti non riflette l’alto costo dei loro rifiuti e l’impatto sull’ambiente.
Consapevole dei danni sull’ambiente e dopo 5 anni di ricerche, nel 2009 l’azienda francese lancia BIC Ecolutions, una gamma di articoli di cancelleria, e non solo, realizzati con plastica riciclata. Tra i prodotti anche un rasoio, il cui manico verde era realizzato in bioplastica di origine vegetale. Un anno dopo, il gruppo francese si cimenta anche nel riciclaggio dei rasoi usati, proponendo ai suoi clienti di ritirarli per posta. Di questi due tentativi, nessuno ottiene l’adesione del pubblico. Il riciclaggio dei vecchi rasoi viene rapidamente abbandonato ed Ecosolutions non ha ancora ottenuto i risultati attesi.
«Fare affari è come fare surf», affermava il Barone Bich. Bisogna imparare a leggere le onde, scegliere il momento giusto per surfare e mantenere equilibrio in situazioni instabili. E anche i migliori, a volte, possono sbagliare l’onda, il momento o perdere l’equilibrio. Ciò che conta davvero è la capacità di risalire sulla tavola, imparare dall’esperienza e affrontare con determinazione la prossima onda.
Le 3 regole d’oro
Marketing di genere: in un’epoca in cui il pubblico è sempre più sensibile ai temi dell’inclusività e dell’uguaglianza di genere, proporre prodotti basati su stereotipi è da principianti senza conoscenza dei cambiamenti culturali. Non conta l’intenzione, ma ciò che il consumatore percepirà.
Coerenza di marca: assicurati che il nuovo prodotto rispecchi l’immagine e i valori del marchio, mantenendo una linea coerente con ciò che il brand rappresenta.
Mixa approccio imprenditoriale con quello manageriale: L’imprenditore è il visionario che crea il futuro, mentre il manager è l’esecutore che lo realizza. Il marketing, in questo delicato equilibrio, può amplificare la visione, ma anche distorcerla, creando bisogni artificiali che non corrispondono alle esigenze reali del mercato. Costruisci una cultura aziendale che valorizzi sia la creatività dell’imprenditore sia l’efficienza del manager, e utilizzare il marketing come ponte tra le due.
E voi che lezione avete appreso? Se volete raccontarmi la vostra storia di fallimenti e lezioni apprese, scrivetemi qui: redazione -chiocciola – startupitalia.eu