Costruire ponti, non muri, nell’era della competizione tecnologica globale e delle grandi sfide sociali. È questa la filosofia che anima VivaTech 2025, la nona edizione del grande evento parigino (11-14 giugno) che punta a confermarsi hub strategico per l’innovazione europea dopo i 155.000 visitatori del 2024. Un appuntamento che va oltre la tecnologia per riflettere sul suo impatto nel mondo. François Bitouzet, Managing Director di VivaTech, anticipa in un’intervista a StartupItalia come l’evento crei valore per startup e investitori, costruisca connessioni e punti a posizionare l’Europa come hub credibile. Spiega le strategie dietro la crescita della French Tech, la volontà di mostrare una pluralità di modelli tecnologici e come VivaTech si distingua nel panorama internazionale.

Con oltre 14.000 startup e 4.000 partner internazionali attesi, VivaTech 2025 si preannuncia come un denso hub di networking, scambio di idee e nuove sinergie, con 300 innovazioni a impatto globale presentate e dialoghi con figure autorevoli. Tra gli speaker confermati figurano leader tech globali (Joe Tsai/Alibaba, Yann LeCun/Meta, Mike Krieger/Anthropic, Arthur Mensch/Mistral AI), scientifici (Alain Aspect/Nobel Fisica, Vanessa Wyche/NASA) e figure di altri settori come l’imprenditore sportivo Édouard Mendy. Questa diversità riflette l’ibridazione tra tecnologia e dinamiche sociali, culturali ed economiche, leva strategica per rendere l’innovazione più accessibile.
Per facilitare le connessioni, VivaTech 2025 introdurrà una nuova piattaforma di matchmaking startup-investitori e le “VC Office Hour”, sessioni dirette con fondi internazionali, posizionandosi come acceleratore per giovani imprese. L’evento includerà progetti speciali come gli AfricaTech Awards (imprenditoria africana), l’Impact Bridge (innovazione sociale/ambientale) e il Runway AI Festival (AI per industrie culturali), mostrando l’ampiezza tematica. La dimensione geopolitica sarà rilevante, con oltre 20 delegazioni e il Canada come principale Paese ospite, tutto focalizzato sull’AI con l’obiettivo di gettare un ponte tra ecosistemi.
I temi dell’edizione 2025 di Vivatech
L’edizione 2025 si articola attorno a “quattro frontiere” dell’innovazione: tecnologica (AI, quantum computing), economica (investimenti, modelli di business), geopolitica (delegazioni, normative) e sociale (impatto, salute mentale, culture digitali). Questo approccio evidenzia l’interconnessione e la necessità di vedere l’innovazione come fenomeno complesso, oltre la tecnologia pura. L’Intelligenza Artificiale sarà il tema trasversale dominante, affiancata da focus su quantum computing, blockchain, cybersecurity, impatti culturali, salute mentale digitale e space economy, visti come parti di una trasformazione sistemica globale.
Queste quattro dimensioni non sono solo cornice narrativa, ma costituiscono la bussola progettuale dell’intera manifestazione. Ogni fronte è tradotto in contenuti, format e interlocutori: l’asse tecnologico si riflette nella centralità dell’AI e del quantum computing; quello economico nei programmi di matchmaking tra startup e VC; la geopolitica si manifesta nella presenza di delegazioni nazionali strategiche come quella del Canada; mentre il fronte sociale trova espressione nell’Impact Bridge e nei progetti tech-for-good.

In un contesto di tensioni geopolitiche e frammentazione normativa, VivaTech mira a essere uno spazio neutrale per il dialogo pubblico-privato su innovazione responsabile, inclusiva e sostenibile. Bitouzet descrive un ecosistema dove supporto alle startup, relazioni con investitori/media/istituzioni e promozione dell’inclusività si intrecciano con la visione politica per un futuro competitivo e sostenibile. VivaTech diventa una lente sulla governance tecnologica globale, cercando di posizionare l’Europa come punto di equilibrio tra apertura e sovranità, competitività e regolazione.
La visione centrale è costruire un ecosistema europeo capace di competere globalmente senza rinunciare a inclusività, sostenibilità e diversità culturale, affrontando sfide come valorizzare le startup europee e connettere efficacemente gli attori. VivaTech non impone un modello unico, ma offre una panoramica delle diverse traiettorie tecnologiche (USA, Cina, Africa, India e molte altre), permettendo a ciascun ecosistema di trovare la propria via. Parigi diventa uno spazio di confronto dove l’Europa può proporre la sua idea di innovazione: regolata, inclusiva, ambiziosa e scalabile. L’intervista a Bitouzet approfondirà questi aspetti, svelando l’organizzazione e la cultura di un evento che riflette la complessità e il potenziale del panorama tech europeo e globale.
Intervista a François Bitouzet di VivaTech
Di seguito l’intervista integrale realizzata con François Bitouzet, Managing Director di VivaTech, che racconta la visione dietro l’edizione 2025 e i retroscena della sua organizzazione.
Come vedi oggi il ruolo di VivaTech all’interno dell’ecosistema dell’innovazione europeo?
Credo sia fondamentale, oggi più che mai, che VivaTech lavori al servizio dell’ecosistema europeo. Quando abbiamo iniziato, nel 2016, l’obiettivo era costruire una piattaforma dove innovazione e business potessero incontrarsi – in particolare startup, grandi aziende, venture capitalist, leader tecnologici. Ma c’era anche un’altra ambizione importante: trasformare l’Europa, per una settimana, nell’epicentro globale della tecnologia e del digitale. All’epoca, parlando di innovazione, si pensava subito alla Silicon Valley, agli Stati Uniti. E quando si parlava dell’Europa, la percezione era che non ci fosse granché di interessante. Nessuna startup degna di nota, nessun fermento. Fin dal primo giorno, VivaTech ha cercato di cambiare questa narrativa, per far capire che l’Europa è, invece, un hotspot globale per l’innovazione. E anche quest’anno, come sempre, daremo grande visibilità alle startup europee, mettendole al centro del dibattito mediatico e delle connessioni di business. In un contesto geopolitico così complesso, è ancora più importante affermare che l’Europa è un attore chiave nel mondo tech e digitale.

Qual è il vostro ruolo specifico nel supportare le startup?
Direi che ci muoviamo su più fronti, che cerchiamo di rafforzare ogni anno. Il primo è il business: aiutare le startup a incontrare investitori e clienti. Quando avvii una startup, quello che ti serve sono clienti, investitori, partner che possano garantirti un futuro. E noi portiamo a VivaTech migliaia di decision maker da tutto il mondo. Nel 2024, oltre il 50% dei nostri 155.000 visitatori erano decisori aziendali: CEO, CMO, CTO, CDO. Grazie a un programma mirato, li attiriamo e creiamo opportunità di incontro con le startup. Abbiamo il Connection Hub, un’area dedicata agli incontri one-to-one, e numerosi side event. C’è anche l’app per il networking. Per i venture capitalist – l’anno scorso ne abbiamo avuti oltre 3.000 da ogni parte del mondo – quest’anno introduciamo le VC Office Hours, uno spazio riservato dove i VC possono incontrare direttamente le startup. Il nostro obiettivo è essere un generatore di business. Secondo un nostro sondaggio, le startup espositrici hanno generato a VivaTech fino al 25% dei loro lead annuali. Poi c’è il tema della visibilità. Se sei una startup, è fondamentale che il mondo sappia chi sei e cosa fai. VivaTech è anche un acceleratore di attenzione mediatica. Nel 2024, abbiamo avuto oltre 2.000 giornalisti accreditati. E non si tratta solo di farli entrare, ma di creare connessioni reali. Utilizziamo spazi come il Discovery Stage, il Pitch Studio e il Media Lounge per facilitare gli incontri tra stampa e startup. Funziona. I giornalisti arrivano da Tokyo, San Francisco… TechCrunch, per esempio, è uno dei nostri partner quest’anno. E poi cerchiamo di “fare il tifo” per le startup. Abbiamo un programma dedicato che le aiuta a trovare idee, ispirazione, consigli su come scalare in un contesto globale sempre più complesso. Per esempio, c’è la 100 Startup List, una selezione delle startup più promettenti in Europa: le portiamo sul palco per condividere successi, ma anche insuccessi. Vogliamo che le startup si sentano a casa a VivaTech, che percepiscano il valore dell’essere celebrate. E questo lo facciamo ovunque: sul palco, nei corridoi, durante gli eventi serali.

Hai parlato di migliaia di partecipanti, suddivisi in tante categorie. Non pensi che il valore delle connessioni rischi di diluirsi? Come può una startup riuscire davvero a parlare con l’investitore giusto, con il giornalista giusto?
Hai centrato un punto importante. Il nostro lavoro è proprio fare in modo che ciascuno possa sfruttare al massimo l’esperienza. Altrimenti è tempo perso. È su questo che lavoriamo da sempre. Ti faccio un esempio: la Connection App. Se sei una startup e partecipi, puoi indicarci i profili che desideri incontrare – ad esempio CTO, o responsabili di un settore specifico come il turismo, la salute, il lusso. Noi, grazie ai dati che raccogliamo, creiamo match non solo con chi corrisponde al tuo target, ma con chi è anche interessato alla tua proposta. Altrimenti non ha senso. Questo è solo uno degli strumenti. Ma la cosa più potente di VivaTech, nonostante la sua dimensione, è proprio la serendipità. E questo piace molto ai partecipanti. Ti racconto un aneddoto: Bernard Arnault, CEO di LVMH, è venuto a VivaTech per incontrare personalmente delle startup. È successo davvero. Certo, siamo un evento generalista. Ma è proprio questo il nostro valore.

In Europa stiamo cercando di costruire una visione autonoma sul futuro della tecnologia, anche a livello normativo. Come può l’evento conciliare questa forte identità europea con l’esigenza di restare un ambiente aperto a player da tutto il mondo?
È una domanda fondamentale. E voglio chiarire subito una cosa: il nostro obiettivo a VivaTech non è dire che il modello europeo è migliore di tutti gli altri. Quello che facciamo è mostrare che esistono più modelli. Spesso si pensa che nel mondo tech e digitale ci sia un solo paradigma – quello della Silicon Valley – e che sia un modello monolitico. Certo, è un modello affascinante ed efficiente. Ma quello che vogliamo far emergere a VivaTech è che ci sono alternative. C’è il modello europeo, ma anche quelli asiatici – India, Corea, Giappone, Cina – e africani. Il nostro ruolo è presentare questo panorama ricco e diversificato e dire: “Ora puoi scegliere in modo consapevole, avendo una visione completa”. Credo che sia una proposta rara, oggi. Avere uno spazio neutrale dove tutti questi approcci possono coesistere è un valore. Perché ogni modello ha senso in base al settore, al contesto nazionale, al tipo di mercato. Alla fine, il messaggio è: hai la libertà di scegliere il modello che funziona meglio per te.
Restiamo in Europa, ma concentriamoci sulla Francia che viene spesso definita “startup nation”. Che tipo di scelte ha fatto il governo negli ultimi anni per alimentare questo ecosistema? Qual è il segreto, la pozione magica?
Magari avessimo una pozione magica! Credo che ci siano diversi elementi. Anzitutto, una forte volontà politica, trasversale ai partiti, di sostenere le startup e l’ecosistema digitale. Questo, in Francia, è stato un pilastro. Poi ci sono state misure concrete. Conosci sicuramente la French Tech, che è una rete promossa dal governo ma alimentata anche dalle startup, per promuovere e valorizzare l’ecosistema francese. Un altro esempio è il French Tech Visa, pensato per facilitare l’arrivo in Francia di sviluppatori e talenti da tutto il mondo – Nigeria, Canada, India… Serve anche a risolvere un problema chiave: il reclutamento. E poi abbiamo lavorato molto per rafforzare il legame tra startup e grandi aziende. Due anni fa, proprio a VivaTech, l’allora ministro per il digitale Jean-Noël Barrot ha lanciato l’iniziativa Je choisis la French Tech – “Scelgo la French Tech”. Con questo programma, le grandi aziende si sono impegnate ad adattare i loro processi interni per lavorare più facilmente con le startup. Perché spesso, tra procurement, legal, compliance, le grandi aziende tendono a considerare troppo rischioso collaborare con realtà giovani. Con questa iniziativa, il messaggio è stato chiaro: cambiamo le regole del gioco per lavorare davvero con le startup, indipendentemente dal loro livello di maturità.

Hai detto che il vostro obiettivo è fare di Parigi la capitale globale dell’innovazione per una settimana di giugno. Ma in cosa VivaTech si distingue da CES, Mobile World Congress, IFA?
Siamo spesso paragonati al CES, molto più che al Mobile World Congress – che è molto focalizzato sul settore telco. VivaTech è più generalista. Rispetto al CES, credo che siamo complementari. Loro sono concentrati sull’innovazione consumer, mentre noi guardiamo soprattutto al B2B. Se vuoi vedere la prossima TV LG, vai al CES. Se vuoi scoprire la prossima piattaforma AI per la cybersicurezza enterprise, la trovi a VivaTech. Una volta, qualcuno mi ha detto una definizione che mi è piaciuta molto: “VivaTech è come un CES B2B mescolato con il World Economic Forum.” Perché da un lato c’è l’innovazione tecnologica, ma dall’altro anche i grandi leader globali, i policymaker, gli attori economici. Se partecipi a due eventi tech all’anno: CES a gennaio e VivaTech a giugno.

E, tra l’altro, si mangia molto meglio a Parigi che a Las Vegas! Non si può giocare a blackjack, però…
(risata) Sì, niente blackjack… Ma è meglio per la produttività, no?
Durante la conferenza stampa, hai parlato delle tendenze emergenti che stanno affiorando tra gli espositori e gli speaker di quest’anno. Ci sono tecnologie, settori o casi d’uso che spiccano?
Senza troppe sorprese, direi che l’intelligenza artificiale è la vera superstar. Ma quest’anno vogliamo puntare sulle sue applicazioni concrete. Da anni sentiamo dire che l’AI cambierà tutto. Ora è il momento di dimostrarlo. A VivaTech vogliamo mostrare come l’AI sta davvero impattando imprese, cittadini, persone.Ti faccio un esempio: Aqemia, una startup francese, ha sviluppato un modello AI capace di testare un milione di molecole al giorno per identificare nuovi candidati farmaceutici. È rivoluzionario. Un altro esempio è Dust, che lavora su AI per i collaboratori, non solo per le aziende. La loro visione è che ogni lavoratore, in futuro, sarà il manager del proprio agente AI. E poi – lo ammetto – ho un debole per il quantum computing. È un territorio completamente nuovo. Intellettualmente affascinante. Ti fa capire di cosa è capace la mente umana.
Il contesto attuale è pieno di sfide. L’Europa è un mercato regolamentato, in concorrenza con giganti tech che non lo sono. Secondo te, cosa farebbe di questa edizione di VivaTech un vero successo?
Per me, sarebbe un successo se riuscissimo a rafforzare le connessioni internazionali nel campo tech e digitale. Il vero rischio oggi è l’isolamento – Paesi, aziende, individui che si chiudono in se stessi. Ma l’innovazione è un lavoro collettivo, è una rete globale di menti. Tutto quello che abbiamo visto negli ultimi vent’anni è nato grazie alla collaborazione internazionale. Non è accaduto solo negli Stati Uniti o solo in Cina: è accaduto perché c’erano ponti tra le persone. Quindi sì: il nostro obiettivo è tenere le porte aperte.
Secondo te l’Europa potrà mai diventare un vero mercato unico digitale? VivaTech potrebbe essere l’evento europeo, la vetrina che rappresenta l’UE nel mondo?
Credo di sì. Il ruolo di VivaTech è diventare lo sportello unico per il meglio della tecnologia europea. Ed è proprio questo che piace agli Stati Uniti, alla Cina, al Giappone: il fatto di poter incontrare tutta l’Europa in un unico luogo. Ma penso anche che dovremmo costruire questa ambizione non per competere, ma perché crediamo nei nostri valori. Lo facciamo non per opporci ad altri modelli, ma perché abbiamo una visione nostra da proporre. Una visione condivisa, da costruire insieme.