Immaginatevi in transito in un aeroporto caotico dall’altra parte del mondo, circondati da persone che parlano un idioma straniero. Eppure voi capite tutto come se foste madrelingua (o quasi). Non è magia nè l’effetto ubriacante del jet lag ma è ciò che permettono gli AR Glasses Myvu di IMIKI, wearable che grazie a microfoni multilingue consente a chi li indossa di leggere la traduzione all’interno della lente, scritta in un verde fluo. Pur senza fare il giro del mondo, tra scali e porti, ci siamo immedesimati in un globetrotter per capire se questo prodotto vale l’investimento (non banale) che richiede.

La recensione di Myvu
A prima vista, gli AR Glasses Myvu sembrano occhiali eleganti e ordinari: leggeri (circa 43 grammi), sono sobri e indossabili senza sembrare cyborg. Soltanto le aste sono leggermente più spesse del comune, ma nulla che lasci intendere di avere un prodotto tech ancora fuori dal comune.
I microfoni incorporati, che percepiscono le conversazioni circostanti fino a 5 metri di distanza, catturano il parlato e lo trasformano in sottotitoli proiettati direttamente sul vetro degli occhiali. Praticamente, potreste capire cosa dicono quei turisti tedeschi seduti al tavolino vicino al vostro in quel bar di Piazza Navona o chiedere informazioni precise a un passante a Tokyo senza panico linguistico. E già qui si inizia a intravedere un non banale nodo privacy. Ma proseguiamo.

Nei nostri test quotidiani gli occhiali hanno svolto il loro compito in maniera egregia. Chi viaggia spesso per lavoro e magari deve confrontarsi non soltanto con l’inglese troverà utile questo gadget che consente una traduzione istantanea del parlato altrui. Ovvio, se parlate con qualcuno quest’ultimo vedrà i riflessi dei prismi svelando il vostro trucco, ma a livello di visibilità è tutto molto miminal.
Interessante anche la funzione di navigazione, che sovrappone al campo visivo le indicazioni stradali: al posto di girare sempre con lo smartphone in mano e la testa china sullo schermo per non perdersi, nella lente è possibile farsi guidare dal controllo vocale e dalle frecce. Gli occhiali mostrano chiaramente dove girare e dove fermarsi, e lo fanno con discrezione, senza oscurare troppo la visuale. Per navigare nel menu visivo c’è inoltre la possibilità della funzione touch, con un tasto minimal sull’asta.

Un’altra chicca? Il teleprompter integrato. Non male per chi deve fare discorsi in pubblico o presentazioni e preferisce non perdere il contatto visivo con le persone. Insomma, un aiuto concreto per evitare di perdere il filo. Suggeriamo comunque di non ingannare chi è in ascolto e di segnalare il gadget che si indossa. Sicuro attirerà ancora di più l’attenzione su di voi.
Ma non è tutto rose e fiori. Un dubbio più che legittimo emerge quando si parla della capacità degli occhiali di “origliare” le conversazioni altrui. Resta la sensazione che questa funzione possa facilmente essere usata in modo non così innocente. La possibilità di ascoltare conversazioni private di sconosciuti attorno a voi, magari non consapevoli, può generare qualche disagio. Pensate di trovarvi in un caffè a Parigi e scoprire, involontariamente, che la coppia seduta accanto sta litigando sul serio per la casa al mare della suocera. Imbarazzante? Sicuramente sì.

C’è poi il tema non trascurabile del costo. Non sono bruscolini, soprattutto per un prodotto che potrebbe finire rapidamente nella categoria dei gadget “belli ma non indispensabili”. Chi viaggia molto per lavoro potrebbe considerarlo un investimento utile, magari risparmiando tempo e figuracce linguistiche. Chi invece pensa di usarlo solo per qualche vacanza o per sfoggiare tecnologia all’ultimo grido potrebbe trovarlo decisamente caro rispetto all’uso effettivo che ne farà.
Alla fine della giornata, gli AR Glasses di IMIKI rimangono un prodotto innovativo e decisamente intrigante, utile soprattutto per chi vive o lavora in ambienti internazionali e multilingua. Se poi diventeranno un must-have o un semplice capriccio tecnologico, lo decideranno solo il tempo (e il vostro portafoglio).