«Se nel quadro i corpi sono forti e scolpiti allora è probabile sia Michelangelo. Se la donna è bionda, riccia e ha qualcosa di rosso indosso potrebbe essere Tiziano». Benedetta Colombo, in arte Benedetta Artefacile, si definisce un’operatrice culturale, perché è quello il titolo che le ha assegnato la sua laurea. Studi alla Statale di Milano in Beni Culturali, si è specializzata in estetica dell’arte contemporanea.
A un certo punto del suo percorso universitario, in piena pandemia, mentre studiava in call con le amiche ha capito che il metodo d’esame di un professore le suggeriva un modo per raccontare l’arte in maniera accessibile: soffermarsi sui dettagli e raccontare una storia. Nel 2021 ha così iniziato la sua avventura da content creator. «L’arte non era molto raccontata sui social da un punto di vista divulgativo. Mi reputo ancora oggi una seguace di Philippe Daverio».
Chi è Benedetta Artefacile?
Artefacile non è un cognome – anche se in diverse occasioni qualcuno lo ha creduto – ma è la missione che questa 24enne, residente a Inveruno, vicino Milano, si è data con il proprio mestiere. Su Instagram e in generale sui social racconta dettagli, curiosità e aneddoti riguardanti quadri, pittori e correnti artistiche.
«C’è questa leggenda secondo cui in Italia avremmo la maggior parte del patrimonio artistico mondiale, ma è una bufala. In genere non mi piace quando arte e cultura vengono intese come se fossero il petrolio dell’Italia. Ricordo che in molti le hanno definite così. Mi fa imbestialire». Questo perché, come ci ha spiegato, il petrolio è una merce che si vende. «E questo è assurdo: dobbiamo smettere di prendere la cultura e darla banalmente in pasto ai turisti».
La divulgazione – di qualsiasi materia o nicchia – è un’attività che viaggia spedita sui social. Ma parte dalla passione per un argomento. Quando è che Benedetta Colombo ha capito che quella era la sua strada? «Da bambina i miei mi hanno sempre portata ai musei. A loro piaceva, ma portandoci due bimbe, molto piccole, dovevano trovare un modo per intrattenerle e tenerci buone».
Cacce al tesoro e risate davanti ai quadri hanno creato anzitutto bei ricordi. «Ho tatuata in mente l’iconografia di San Rocco, che mostra gli effetti della peste sul corpo. I miei mi facevano credere che la persona dipinta si stesse lamentando di una botta. Da lì viene il mio approccio ai musei e all’arte». Nel corso dell’intervista abbiamo avuto modo di capire anche qualcosa in più sul pensiero di Artefacile sui luoghi che conservano cultura e sapere.
Selfie al museo?
Se è vero che l’arte è di tutti e patrimonio collettivo, è anche vero che non sempre è accessibile. Quanti musei accolgono il visitatore senza farlo sentire ignorante per l’intero percorso, dandogli invece tutti gli strumenti per capire cosa ha di fronte? «Basterebbe mettere display fatti bene e che spiegano le opere. Altrimenti non siamo portati a fare collegamenti. Gli Uffizi, il più grande museo italiano, hanno un problema di questo tipo. O entri e sai cosa stai andando a vedere oppure arrivi e ti fai il selfie di fianco al quadro».
A questo proposito Benedetta Artefacile ha una visione tutt’altro che colpevolista di fronte agli smartphone che affollano quegli spazi. Così come ai concerti, anche nei musei non è un bel vedere quella selva di smartphone a fotografare un Botticelli. «Ma è l’unico modo per reinterpretare la realtà con gli strumenti che si hanno. È un concetto un po’ filosofico». Una sorta di specchio della realtà: il selfie che ci scattiamo segnala che di fronte all’arte spesso non abbiamo molto da aggiungere».
L’AI è la rovina dell’arte?
Per questa content creator è importante trasmettere l’arte come mezzo e non come fine. «È un mezzo per le riflessioni, l’arte è civile, è sociale. È un strumento che noi possiamo usare per cambiare la realtà». Un esempio di quadro che le ha suggerito riflessioni? «Il Quarto Stato di Pellizza da Volpedo. Quell’opera ci dice che la più umana delle persone che conosce i propri diritti è inarrestabile e non è necessario che sia violenta. È inarrestabile, ma calma». Pittore o pittrice preferiti? «Hannah Höch, dadaista tedesca, periodo matto in cui stava salendo al potere Hitler. Facevano arte politica contro le dittature, usavano l’ironia come strumento. Lei era l’unica donna che è risucita a entrare in questo gruppo».
Con Artefacile abbiamo parlato anche di futuro dell’arte, un settore che come tanti altri viene investito dalla tecnologia. Sono moltissimi gli artisti che protestano contro la violazione del diritto d’autore: spesso gli algoritmi vengono infatti allenati su prodotti dell’ingegno senza alcuna autorizzazione. «Credo che ai fini dell’arte diventerà uno strumento. Lo stesso che è succeso quando è stata inventata la macchina fotografica a fine Ottocento. Anche all’epoca si diceva che avrebbe rubato lavoro. E alla fine la fotografia è diventata arte». Chissà che non succeda lo stesso pure con l’AI in ambito creativo.