Barese, classe ’83, laureata in Ingegneria delle Telecomunicazioni oggi imprenditrice digitale. Cristina Angelillo dopo diversi anni da ingegnere nel broadcasting radiofonico e televisivo, nel 2014 ha deciso di cambiare strada. Quella strada si chiama “imprenditoria digitale” e, durante il cammino, ha preso la forma di Marshmallow Games, startup che crea e distribuisce app educative utilizzate da bambini in tutto il mondo. «Ho capito l’importanza della didattica online osservando la mia bambina piccola mentre utilizzava il tablet – spiega Cristina a StartupItalia – In quel momento è sorta in me la voglia di creare qualcosa di qualità che sfruttasse a pieno le potenzialità di questi strumenti». Un lungo percorso che l’ha anche portata alla guida di InnovUp, dal 2022 al 2024, assieme a Stefano Soliano. Oggi Cristina con Marshmallow Games e Smart Tales, un’app di giochi educativi dedicati ai più piccoli, punta sempre più in alto con la volontà di estendere la scoperta della matematica, della lettura, delle scienze o del coding a più persone.
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Cristina, quando e come hai deciso di dare vita a Marshmallow Games?
Marshmallow Games è nata 10 anni fa, quando sono rimasta incinta della mia prima figlia e ho deciso di dare una svolta alla mia carriera. Riflettevo su quanto la tecnologia fosse ormai parte integrante della vita dei bambini e ho sentito il desiderio di unire le mie due più grandi passioni: i più piccoli e la tecnologia. Da ingegnere, mi sono chiesta: “E se progettassi strumenti interattivi per l’apprendimento delle STEM da piccoli?”. È così che è nata l’idea di creare un progetto educativo che sfruttasse il potenziale delle nuove tecnologie per rendere l’apprendimento più coinvolgente e accessibile.
Dopo 10 anni come si è evoluta Marshmallow Games?
In 10 anni siamo cresciuti tanto. Inizialmente abbiamo lavorato anche per conto terzi, collaborando con grandi brand italiani e internazionali nello sviluppo di app educative. Poi abbiamo deciso di cambiare modello di business e concentrarci interamente sui nostri prodotti. Da quattro anni ci dedichiamo con passione e dedizione a Smart Tales, un’app che unisce gioco e racconto per avvicinare i più piccoli alle materie STEM in modo coinvolgente. Amo la matematica e trovo incomprensibile che molti bambini la considerino difficile o noiosa. Per questo, attraverso il nostro lavoro, voglio contribuire a rendere queste discipline più accessibili e appassionanti, mostrando quanto possano aprire la mente a nuove possibilità.

Come funziona Smart Tales?
Smart Tales è un’app educativa che unisce storie interattive e giochi per insegnare le materie STEM in modo coinvolgente. Per i più piccoli, l’apprendimento avviene attraverso racconti animati con mini-giochi integrati, mentre per i più grandi l’app offre migliaia di attività STEM interattive con esercizi più avanzati. Dal punto di vista commerciale, operiamo principalmente nel mercato B2C, vendendo l’app soprattutto alle famiglie negli Stati Uniti, dove arriva il 95% delle nostre entrate grazie a una maggiore predisposizione all’acquisto di materiali digitali. Negli ultimi anni abbiamo ampliato il nostro modello di business al B2B e al B-to-school, collaborando con le scuole, dall’infanzia alle superiori, tramite intermediari. Per gli istituti superiori abbiamo sviluppato il software ZenCreate che permette a bambini e insegnanti di creare lezioni interattive con dinamiche di gioco semplici, come ad esempio il drag and drop.
Su cosa puntate oggi con Marshmallow Games?
Abbiamo ottenuto un riconoscimento da IBCCES, che ha certificato la nostra app come risorsa adatta ai bambini autistici grazie alla sua fruizione lenta e alla presenza di storie sociali, elementi che favoriscono l’ascolto e la comprensione. Oggi la nostra parola chiave è “AI”, che vogliamo integrare in modo strategico per ottimizzare determinati processi e offrire un’esperienza sempre più personalizzata agli utenti. Stiamo inoltre valutando opportunità di fundraising: dopo aver triplicato il fatturato, puntiamo a obiettivi sempre più ambiziosi.

Quanto è cresciuto il team e quanto è importante per te combattere il gender gap?
Da donna, mamma e imprenditrice, sono orgogliosa di aver trasformato un’idea in una realtà solida. Oggi il nostro team conta 22 persone con sede a Bari, ma con uno sguardo sempre rivolto anche al mercato internazionale. Non mi considero una “superdonna”, ma una persona determinata che sa dare le giuste priorità. Nel nostro CDA ci sono tre donne e due uomini, e nel team siamo sei donne. Tuttavia, ho sempre creduto nel valore della diversità e nella forza dell’eterogeneità. Nel mio percorso professionale mi sono spesso trovata a essere una voce fuori dal coro, non perché fossi donna, ma per il mio modo di affrontare le sfide. Non ho mai pensato che il mio genere mi abbia limitata, ma lavorando come ingegnere in un ambiente prevalentemente maschile, ho vissuto in prima persona le disparità e ho imparato quanto sia importante combatterle.
C’è qualche episodio, in particolare, che ricordi?
A 25 anni, quando lavoravo in Marocco alla progettazione di trasmettitori e apparecchi radiofonici, ero in un ambiente completamente maschile. All’inizio mi sentivo esclusa perché i colleghi parlavano tra loro in arabo, ma quando iniziarono a credere nelle mie capacità, tutto cambiò. Nel settore EdTech, invece, il divario di genere si avverte meno ed è più comune vedere imprenditrici. Per me, il sesso non è mai stato un limite: con talento e competenze, si può arrivare ovunque indipendentemente dal fatto che tu sia un uomo o una donna. All’inizio mi sentivo fuori posto come unica donna sui palchi, poi ho capito che era importante esserci per raccontare storie di successo come questa.